Poetry
Poetry
"Arrangiamento per figure meccaniche"
Queste poesie non vanno lette ad alta voce. Per dirla con Deleuze, sono nuclei rizomatici, portatrici di un senso nomade, polimorfo, paradossale. Nascono da ricordi, epifanie di linguaggio, in cui la parola prende una forma meccanica, ad uno scopo estetico di immediata perfomatività. In un era post-moderna di arte diffusa, gassosa, il cui significato resta ancora da indagare, permane e viene trasfigurata la storia ancestrale della tecnica poetica. Ogni legge è dubbia, ogni fondamento vacillante, il lirismo assume così una forma nulla, emerge da un vuoto, come magistralmente colse Malevich nel suo “Quadrato nero”.
La sensazione di vivere in una società impigliata in un punto di soglia, verso l’ignoto di una rivoluzione tecnologica, ambientale, psichica, potenzialmente catastrofica, permea completamente questa raccolta, che si fa psicotica, onirica, disancorata dalla significazione. Natura, umanità, tecnica, destino. Questi sono i fili rossi di un tentativo del tutto personale di rappresentazione di un mondo disgregato, alienato, forse ancora vivo, in cui ognuno di noi è immerso. La mitologia antica ritorna come un monito e una promessa, insieme ad autori, in particolare Heidegger e Adorno, che hanno guidato la mia meditazione poetica. L’autonomia estetica tuttavia prevale sull’imbrigliamento filosofico, che meriterebbe una profondità che ancora non ho raggiunto. Resta incorrotto l’atto di volizione pura, subitanea, di pura mania creatrice, che spinge l’umanità a oltrepassare quel quadrato nero che da millenni è la porta di ogni arte.